Corona virus e animali domestici. Parlano i veterinari.

 “Coronavirus e animali domestici? Non lasciamoci tradire dalla paura, ma seguiamo sempre le norme igieniche”

Intervista a Cesare Pierbattisti, medico veterinario: «Il caso di Hong Kong ha creato grande preoccupazione, ma è nelle condizioni normali che dovremmo aumentare il livello di attenzione»

Nei giorni scorsi è stata rilevata una “debole positività” in un solo cane a Hong Kong che viveva con una donna contagiata dal coronavirus Covid-19. Le autorità hanno deciso di mettere in quarantena il cane che «sta bene e non ha sintomi» dice Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per il coronavirus dell’unità malattie emergenti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che ha aggiunto: «Per quanto riguarda la trasmissione non pensiamo che gli animali siano un vettore, né che l’uomo lo sia per loro, ma ci vogliono altri studi per approfondire». Sul tema abbiamo deciso di chiedere un’opinione a Cesare Pierbattisti, medico veterinario a Torino.

Dottor Pierbattisti che idea si è fatto di questo caso?
«Il caso non è una bufala, ma bisogna ridimensionarlo. In campo veterinario sono molto numerosi i casi di coronavirus. E come tutti i virus tendono ad aggredire una specie. Ma il coronavirus ha una caratteristica: in determinate condizioni è capace di fare il salto di specie. Ciò è accaduto per la Sars, è accaduto per la Mers. Nel caso del Covid-19 sembra abbastanza certo, dal punto di vista scientifico, sia derivato dal pipistrello. Questo perché in alcune zone della Cina c’è la consuetudine di nutrirsi di questi animali e di tenerli vivi nei mercati così come si faceva un tempo in Italia con il pollame dove la gallina veniva venduta viva e poi veniva macellata a casa. Lo dico anche perché non ne deve derivare una questione di “razzismo” nei confronti dei cinesi, ma è una questione culturale che in quel Paese permane. Sono consuetudini alimentari che per certi versi sono rischiose come lo erano per noi vent’anni fa».

Per essere chiari, questo vale anche per i pipistrelli “nostrani”?
«Noi sappiamo che il pipistrello ospita un elevato numero di coronavirus. Dunque la probabilità che faccia il salto di specie è più elevata. Ma attenzione: prima di tutto il pipistrello di cui si parla per la Cina è la volpe volante ed altre specie esotiche che non hanno nulla a che fare con il pipistrello europeo nel quale non è stato individuato quel tipo di coronavirus. E ricordo che il salto di specie avviene per motivi alimentari come detto in precedenza».

Andiamo al punto importante: lei crede sia possibile la trasmissione uomo-animale? E quella animale-uomo?

«Nel caso di Covid-19, con una situazione epidemica, è possibile che possa passare dall’uomo al cane o al gatto. Ma non esistono prove, e mi sento di dire che sia altamente improbabile che il virus presente nel cane o gatto, possa tornare all’uomo, perché se no sarebbe già emerso. Cioè è altamente improbabile che l’animale domestico possa fare da “veicolo”. In altre parole è estremamente difficile che nell’animale domestico possa raggiungere una quota infettante e, quindi, essere trasmesso all’animale. Lo dimostra il fatto che il cane che è stato trovato “lievemente positivo” al Covid-19 è in ottime condizioni di salute. E se ci fossero altri casi di positività negli animali domestici il sistema veterinario li avrebbe già riscontrati. Se così fosse nel mio laboratorio veterinario avrei già riscontrati degli animali con sintomatologie respiratorie sospette».E giustificata la preoccupazione di molti amanti degli animali?

«In realtà no. Però in situazioni di questo tipo scattano meccanismi di paure che sono ingiustificati, mentre in condizioni normali le stesse persone non si preoccupano, per esempio, che il cucciolo possa trasmettere gli ascaridi al bambino. E’ chiaro che esistono le antropozoonosi, ossia tutte le malattie infettive proprie di determinate specie di animali che si possono trasmettere all’uomo, e le malattie che si possono trasmettere dall’uomo all’animale. Perché spesso ci si dimentica che anche l’uomo è un animale. E quindi è chiaro che ci possono essere delle patologie che passano da uno all’altro. Il problema è affrontare con intelligenza questo rischio mettendo da parte le paure, ma aumentando il livello di attenzione».

Dunque qual è il vero problema da affrontare?

«Ciò che trovo buffo è avere delle grandi paure su qualcosa che in realtà non dovrebbe far paura e poi ignorare tutta una serie di cose che invece dovrebbero essere al centro dell’attenzione di tutti noi. Servirebbe un buona educazione all’igiene»

In molti temono che la paura possa portare all’abbandono degli animali…

«Qui il discorso degli abbandoni non c’entra nulla. Qui la questione è cercare di fare chiarezza per evitare una cattiva interpretazione di quello che viene scritto o detto»

Quali consigli possiamo dare ai proprietari di animali?

«Il discorso di base è molto semplice: ciò che non faremmo con un altro essere umano non dobbiamo farlo con un animale. Molto spesso con i nostri animali abbiamo dei rapporti più “intimi” di quanto abbiamo con altri esseri umani: non ha molto senso baciare sulla bocca un cane perché è nella natura dell’animale leccare tutto, mordere tutto e pulirsi le parti intime. E non baciarlo non vuol dire che non gli vogliamo bene o limitare il rapporto con lui. Altro aspetto: va benissimo accarezzare il cane, ma poi bisogna lavarsi bene le mani. Perché per quanto il nostro cane possa essere pulito, lui poi andrà a leccare in giro, si leccherà le parti intime e poi si leccherà il pelo. Occorre rispettare le norme igieniche di base perché non si può pensare che l’animale sia indenne da qualsiasi patologia. Perché non è così. Altro esempio: non si può mettere la mano in bocca al cane e poi toccare la propria bocca. E non è una cosa strana: è qualcosa che non lo fareste con un’altra persona. Non si può far mangiare il cane nel nostro piatto o farglielo leccare, perché non faremmo leccare il nostro piatto da nostro fratello o da un altro familiare. Dobbiamo cogliere la situazione difficile di adesso, delle paure per il coronavirus, per ricordare che il rispetto del rapporto con l’animale domestico sta anche nell’avere del buon senso e nel rispettare delle norme igieniche. Questo non vuol dire demonizzare l’animale, ma rispettarne la natura così come dobbiamo aver rispetto per le persone. Poi possiamo discutere sui quei rapporti con gli animali che diventano patologici. Ma questo è un altro discorso».

Un’ultima domanda: molti proprietari di cani amano dormire in compagnia dei propri quattrozampe. Ha senso usare salviettine o prodotti per pulirne zampette e pelo?

«Lei andrebbe a letto con le scarpe? Non credo. Lei salirebbe sul divano con le scarpe? Non credo. Il cane gira senza scarpe, per ovvi motivi. E lo fa anche quando va in passeggiata. E così come quando io torno a casa mi tolgo le scarpe e mi infilo le pantofole, alla stessa maniera è buona norma usare una salviettina adatta agli animali domestici che possa rimuovere gran parte dei germi. Se non siamo di fronte a un animale che abbia delle sue patologie normalmente non corriamo grossi rischi, ma avere l’abitudine a pulire le zampette e il pelo è di certo un buon consiglio da seguire. E’ chiaro che non possiamo immaginare di vivere in un mondo asettico, ma neanche vivere in un mondo pieno di germi. Bisogna cercare di raggiungere il giusto bilanciamento fra il non essere paranoici, ipocondriaci e avere dei comportamenti folli di chi vede nell’animale un essere portatore di qualsiasi germe, e nello stesso tempo non dobbiamo infischiarci di tutte le norme igieniche pensando che cane o gatto non possano trasmettere nulla all’uomo».

Articolo La Stampa

foto da pixabay.it

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