Coronavirus, regolarizzare colf, babysitter e badanti. Così si aiutano le famiglie

In parecchi, senza regolare contratto, per il timore dei controlli in questo periodo difficile non prestano più servizio

Integrazione riuscita

Provvedere solo ai lavoratori agricoli (fatto in sé utile e giusto) sarebbe iniquo. Iniquo per le persone dimenticate. Ingiusto per la famiglia italiana. La strage degli anziani nelle istituzioni con il Covid-19 sta facendo pensare di più alla casa come luogo di vita e protezione dell’anziano. Come farlo senza un congruo ausilio? Il sistema delle badanti (più di 450.000 regolari) è un’invenzione geniale della famiglia italiana per sostenere i fragili. È un caso d’integrazione riuscita, perché gestita in ambiente domestico. Far mancare ora le badanti agli anziani e ai disabili sarebbe un errore serio e socialmente discriminante. Regolarizzare colf, badanti e babysitter, porrebbe un freno al ritorno al loro paese, soprattutto in questo periodo. Si pensa, che alla riapertura delle frontiere, chiuse per coronavirus, migliaia di badanti torneranno ai loro paesi.
La regolarizzazione di queste lavoratrici darebbe respiro alla famiglia che si trova sotto stress dopo lunghe settimane d’isolamento. Sarebbe un grande aiuto nella fase di ripresa del lavoro e della vita sociale che, per ovvi motivi, sarà più complessa. Sono vitali le babysitter, considerando che le scuole sono chiuse. Come, del resto, le colf, quando le attività lavorative ricominciano. Se fossero possibili assunzioni regolari di lavoratrici di questo tipo, sarebbero tante, rivelatrici di una vera domanda.

La ricostruzione

La crisi del Covid-19 ha rivelato quanto la società italiana si sia impoverita di legami e ausili, e quanto necessiti di una rinnovata sensibilità sociale e umana. Sarebbe un torto non tenerne conto, proprio per non ricominciare a vivere e fare politica come ieri. Un nuovo slancio in uno spirito di «ricostruzione» è oggi possibile se la gente si sente serena, appoggiata nel proprio ambiente domestico. È, peraltro, giusto nei confronti di queste lavoratrici, in buona parte già integrate, anche se irregolari. Discriminarle sulla regolarizzazione rispetto ad altre categorie mostra poca sensibilità agli interessi della famiglia, dei bambini e degli anziani.
In questo periodo di lockdown, gli italiani si sono misurati in modo nuovo con l’ambiente familiare e le esigenze del quotidiano. Umanità e cultura degli italiani sono un poco cambiate. Li coinvolge molto meno lo spauracchio di un messaggio gridato contro l’«invasione» degli stranieri. Quale invasione, quando le frontiere sono chiuse?
Far emergere il sommerso dei lavoratori irregolari risponde a un bisogno di sicurezza anche sanitaria ed è un vantaggio per lo Stato che, regolarizzando 300.000 persone, incasserebbe, tra l’altro, un miliardo e mezzo di euro.

 

Articolo da corrieredellasera.it

di Andrea Riccardi

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