ANIMALI DOMESTICI FONTE DI BENESSERE E LONGEVITA’

GLI ANIMALI DOMESTICI FONTE DI BENESSERE E LUNGA VITA

La presenza di un animale domestico nella casa o nella vita di un anziano è molto importante per il suo benessere psicologico. Il rapporto che si crea con l’animale aiuta a rilassarsi e a distendere i pensieri, e nel caso delle persone sole, è fonte di affetto e aiuta a migliorare i rapporti sociali.  Un cane, per un anziano, rappresenta un’ottima risorsa, una “Pet Therapy” completa, poiché comporta un impegno costante e continuo, che Impegna la persona ad uscire e fare movimento all’aria aperta. Lo impegna nelle relazioni sociali e, dal punto di vista psicologico, avere qualcuno di cui prendersi cura risveglia l’elasticità mentale. Ultime ricerche evidenziano che gli anziani preferiscono i cani meticci, di taglia medio piccola e non cuccioli, in quanto più tranquilli, una compagnia che passi con loro delle giornate serene. Il rapporto che si crea con l’animale aiuta a rilassarsi e a distendere i pensieri, e nel caso delle persone sole, è fonte di affetto.

Invece, il prendersi cura di un animale, come il gatto che ti guarda negli occhi da pari, ti segue quando ti muovi nella stanza alzando la coda e miagolando reclamando attenzione, aiuta ad eliminare la sensazione d’inutilità. L’anziano che vive con un gatto vede realmente migliorare la qualità della propria vita, inoltre è molto meno improbabile che il gatto faccia inavvertitamente inciampare una persona come può invece accadere con il cane a causa della sua esuberanza. Per anni, è stato clinicamente documentato che i cani da compagnia aiutano gli anziani a vivere più a lungo e più sani. Case di cura, assistenti sociali e operatori di assistenza domiciliare consigliano gli animali da compagnia per gli anziani al fine di condurre una vita sana e dare loro l’indipendenza e la speranza. Studi e ricerche indicano anche che ci sia un vero e proprio legame tra la proprietà di un cane e un tasso di aumento della sopravvivenza per i pazienti con problemi cardiaci e anche altri benefici potenziali per la salute, tra i quali l’abbassamento della pressione, la diminuzione dello stress, la riduzione della perdita ossea, livelli di colesterolo più bassi e, infine, un miglioramento della circolazione sanguigna. Prima di acquistare o adottare i nostri “amici a quattro zampe, gli anziani (e non solo) avrebbero bisogno di capire la quantità di dedizione che va dedicata alla cura di un animale. Gli anziani devono pensare in modo responsabile se avranno il tempo e la voglia di prendersi cura di un animale domestico, sia fisicamente che finanziariamente. Essere responsabile di un’altra vita rappresenta la possibilità di aggiungere un nuovo significato al modo di concepire le giornate.

INIZIATIVE IN STRUTTURE

Le iniziative definite attività assistite da animali, prevedono occupazioni simili a quelle che gli anziani potrebbero svolgere nella loro abitazione, mentre quelle chiamate terapie assistite da animali prevedono la presenza degli animali come supporto ai farmaci, per migliorare le funzioni sociali ed emotive delle persone coinvolte nell’attività. La presenza degli animali nella struttura, che può essere la casa di riposo, ma anche l’ospedale è molto importante perché può costituire ottimo stimolante in caso di demotivazione, di tristezza e di depressione latente; il fatto di prendersi cura di animale, favorisce l’autostima e il senso di responsabilità, e inoltre, permette di socializzare con gli altri ospiti o degenti. Spesso nelle strutture all’avanguardia l’operatore usa gatti o cani come mediatori sociali: grazie ad essi l’anziano si apre e accetta di interagire con le altre persone. Il tempo diminuisce l’acutezza dei sensi, cala la vista, si sente di meno, ma il tatto rimane. Le persone anziane hanno bisogno come tutti di essere toccate e di toccare: accarezzare la morbida pelliccia di un gatto, sentire la sua presenza sul letto soddisfa l’esigenza tattile. Molti anziani si rifiutano di entrare in una casa di cura per non dover lasciare il loro gatto e in questo momento purtroppo l’Italia non brilla per eccellenza nel venire incontro a queste esigenze dell’anziano. Gli animali collaborano anche per aiutare quelle persone che hanno difficoltà di movimento, perché anche chi crede di non riuscire a fare più un certo movimento, avendo un animale vicino, si sente invogliato a muoversi per andargli vicino e accarezzarlo. Inoltre, l’effetto calmante garantito dalla vicinanza di un animale fa sì che chi soffre di pressione alta, abbia un abbassamento dei valori, in modo da assumere meno farmaci e quindi, avere degli ottimi benefici a livello fisico oltre che psicologico. Che i cani, i gatti e gli anziani siano dei grandi compagni con un sacco di buoni vantaggi per entrambi è ormai fatto assodato. Ogni giorno gli animali portano l’amore, le risate e la compagnia alle persone anziane in tutto il mondo. Un cane o un gatto da compagnia sono, infatti, in grado di offrire alle persone sole un senso di benessere, un senso di incoraggiamento, e anche una ragione di vita, in modo assolutamente disinteressatohttps://www.adiura-livorno.it/category/eventi-e-news/

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Amuchina fai-da-te e psicosi collettiva

TRA PSICOSI E AUMENTO VERTIGINOSO DEI DISINFETTANTI PER LE  MANI ECCO ALCUNI CONSIGLI.

Ero restio a parlare di disinfettanti fai-da-te perché non volevo alimentare l’isteria collettiva ma vedo che è troppo tardi quindi tanto vale dare le informazioni corrette e spiegare come fare un disinfettante per le mani dai fa te che almeno funzioni, NON come quelli che stanno girando in rete. Lasciatemi però dire che, anche a causa del nostro pessimo giornalismo (vedi i titoli di giornale di questi giorni) ho visto scene al supermercato che non vedevo dai tempi della Guerra del Golfo e che speravo di non vedere più, dove tutto il mondo ci ha preso per il sedere per le foto di persone coi carrelli pieni di sale, zucchero e pasta. Lavarsi le mani serve. SEMPRE. Mica solo quando c’è il coronavirus. Serve a ridurre la possibilità di fare entrare virus e batteri nel corpo passando da naso, bocca, occhi etc. che tocchiamo con le mani. E vanno benissimo ACQUA E SAPONE ma bisogna lavarle BENE le mani, non per 5 secondi, ma almeno 60 secondi.

Questione Amuchina.

Lo sappiamo, è sparita dai supermercati. “Amuchina” è un nome commerciale, a cui corrispondono formulazioni DIVERSE con disinfettanti DIVERSI a seconda dell’uso previsto e delle concentrazioni. Nelle formulazioni classiche spesso il disinfettante è a base di cloro, spesso ipoclorito di sodio. Come la classica formulazione a basa concentrazione consigliata alle donne in gravidanza per lavare frutta e verdura cruda. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_340_allegato.pdf
Sì, l’ipoclorito di sodio, con il suo potere ossidante, oltre che sbiancante (“candeggiante”) è lo stesso contenuto nella candeggina, che parimenti è un disinfettante (ma non è registrata per uso alimentare e quindi non è il caso di usarla per le verdure).

I prodotti a base di cloro sono efficaci disinfettanti (a certe concentrazioni) soprattutto per le superfici, tipo il bancone della cucina o il bagno. Sì, anche la candeggina. NON è vero (come leggo in alcuni gruppi) che NON disinfetta solo perché non è registrata al ministero come presidio medico chirurgico. La registrazione è una cosa diversa, una azienda registra un prodotto (pagando) perché vuole che abbia un certo uso e sia certificato, ma le proprietà ossidanti dell’ipoclorito sono quelle.4) Anche il Ministero consiglia di usare prodotti a base di cloro come disinfettanti per le superfici. http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=228#4

Quindi la formula che gira, diluendo la candeggina, va bene anche per le mani? NO.

L’efficacia dell’ipoclorito contro microrganismi patogeni dipende sia dalla concentrazione sia dal tempo di contatto. Questa è una cosa che ha indagato l’OMS da tempo, anche in risposta alle epidemie di virus come Ebola, nel tentativo di fornire dei mezzi di disinfezione efficaci fai-da-te anche in paesi poveri. Quindi va BENISSIMO la candeggina o analoghi su superfici, dove la si lascia agire per il tempo necessario (anche vari minuti io la lascio quando lavo, oppure pensate al gel a base di candeggina che lasciate agire nei sanitari per anche 10 minuti). Il problema è al punto 1: le mani ce le laviamo in poche decine di secondi, e in quel breve lasso di tempo l’efficacia dell’ipoclorito non è molta.

Quindi quella formula che gira emula sì l’amuchina, ma quella che viene venduta per lasciare a bagno la verdura per molti minuti, che NON SERVE per lavarsi le mani. L’amuchina in gel per le mani è a base di ALCOOL ETILICO. Anche l’OMS (e il ministero della salute) consigliano prodotti a base di Alcol etilico o alcol isopropilico. Gli esperimenti mostrano che l’alcol etilico è efficacissimo per disinfettate in poche decine di secondi la pelle a patto che le mani siano pulite e lisce e la concentrazione di alcool sia tra il 60% e l’80% circa. In altre parole l’alcol puro è MENO efficace di una miscela con una certa percentuale di acqua. E questo perché acqua e alcol denaturano efficacemente le proteine sulla superficie di virus e batteri e permettono più facilmente alla miscela di penetrare e distruggere tutto. E’ per questo che l’OMS consiglia di produrre un disinfettante con Alcol etilico (che è il vero disinfettante), glicerina (che serve per umettare e aumentare la densità del prodotto) e un po’ di acqua ossigenata (che serve a eliminare eventuali spore batteriche dal prodotto stesso, che non sono uccise dall’alcol. Le dosi dell’OMS per la ricetta sono queste  https://www.who.int/gpsc/5may/Guide_to_L…

per 1 Litro
833 ml di alcol etilico al 96%
42 ml di acqua ossigenata al 3%
15 ml di glicerina (glicerolo) al 98%
Acqua distillata oppure bollita e raffreddata quanto basta per arrivare a 1 litro. Mettete in una o più bottigliette.

Spunti dall’articolo di Dario Bressanini (Chimico)

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Individuazione dei fattori di rischio della demenza nell’anziano

Conoscere i sintomi di questa patologia può aiutare a rallentarne la progressione, grazie a terapie farmacologiche.

La demenza è una sindrome caratterizzata dalla perdita progressiva della memoria associata ad altri deficit cognitivi. Un soggetto affetto da demenza può non riconoscere più le persone, gli odori, gli oggetti o i suoni che prima riconosceva, oppure può non essere più in grado di fare piccoli movimenti coordinati che prima riusciva a compiere (come allacciarsi le scarpe o fare il nodo alla cravatta) o, ancora, può andare incontro ad alterazioni del linguaggio e perdere la capacità di scrivere  e potrebbero non comprendere ciò che le altre persone gli dicono.

Naturalmente non tutti coloro che hanno un piccolo deterioramento della memoria hanno una demenza: per essere affetti da questa malattia i deficit che abbiamo descritto devono incidere sulla vita sociale e lavorativa di un soggetto. Questo significa che la persona in questione non riesce più a fare il lavoro che prima era in grado di fare o a vedere gli amici o le persone con le quali prima era in grado di interagire. È una patologia correlata all’età: la sua incidenza aumenta man mano che si va avanti con gli anni, generalmente negli over 65. La malattia di Alzheimer è la forma più frequente di demenza e costituisce circa il 60-70% dei casi, ma non è l’unica che esiste. Ce ne sono forme diverse. Un esempio è costituito dalla demenza vascolare, risultante da piccoli e multipli infarti cerebrali.

Quali sono i fattori di rischio

Il principale fattore di rischio è sicuramente l’età maggiore di sessantacinque anni. Molti studi hanno dimostrato che ne esistono anche altri, come la vita sedentaria e il sovrappeso, il fumo di sigaretta, l’eccessivo consumo di alcol, la pressione alta elevati livelli di glicemia e colesterolo. Noterete che questi sono tutti fattori di rischio comuni alle malattie cardiovascolari, ed effettivamente la loro correzione aiuta a prevenire il danno dei piccoli vasi sanguigni del cervello che, come detto, può concorrere all’origine della demenza.

Depressione e demenza

Un altro fattore di rischio individuato sembra essere la depressione, e di questo si parla in uno studio recentemente uscito sulla rivista scientifica Plos Medicine che prende in analisi l’argomento in un campione di più di cento ventimila persone con più di cinquantanni. I risultati della ricerca hanno dimostrato che, dopo una diagnosi di depressione, soprattutto nel primo anno, il rischio di demenza – a parità dei fattori che potrebbero falsare il risultato, come per esempio la familiarità – aumenta considerevolmente, in particolar modo se la depressione è grave. Non è ancora chiaro, però, se il trattamento efficace e tempestivo della depressione possa ridurre il rischio di insorgenza di demenza, e saranno quindi necessari studi ulteriori.

Un problema di rilevanza mondiale

La demenza è molto frequente in tutto il mondo, con circa cinquanta milioni (quasi la popolazione del nostro Paese!) di persone affette e dieci milioni di nuovi casi ogni anno. È un problema rilevante, soprattutto perché non c’è ancora una terapia efficace e perché, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, l’incidenza della malattia è destinata ad aumentare. La correzione dei fattori di rischio che abbiamo citato può dare dei buoni risultati, arrivando a prevenire o a ritardare l’insorgenza dei sintomi in circa il 35% dei casi.

L’impatto sociale ed economico è molto alto. Le persone affette da demenza richiedono, infatti, molte cure e attenzioni per cui, oltre allo stress emotivo, le spese per l’assistenza sono notevoli, come anche il tempo da dedicare alla persona che sta male. Il fatto che non ci sia una terapia specifica, però, non significa assolutamente che non ci sia nulla da fare: innanzitutto è importante confrontarsi con il proprio medico nel caso si percepiscano cambiamenti nella personalità di un nostro familiare, in quanto la diagnosi precoce è importante e in alcuni casi si può provare a rallentare la progressione della patologia. Inoltre, il medico può identificare eventuali altre patologie risolvibili che, se non trattate, potrebbero peggiorare le condizioni cliniche. Ma il cardine della gestione di una persona affetta da demenza si basa sull’assistenza e sulla cura nella vita di tutti i giorni, per cercare di preservare il più possibile la sua qualità della vita.

Purtroppo questo è tutt’altro che un compito facile: la demenza, infatti, è una malattia complessa che cambia i bisogni e le necessità della persona che ne è affetta e l’assistenza può essere un compito duro e difficile, per il quale non bisogna certamente avere paura di farsi aiutare.

 

Articolo di Renata Gili

Sito medicalfacts.it

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Fonti:

https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.1003016

https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/dementia

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(19)32081-1/fulltext

Terza età, come continuare a essere felici.

Si stima che un terzo delle persone che superano i 60 anni di età sperimentano quella che è stata definita “crisi di mezza età”. Ormai è un dato accertato, inoltre, che la vita media degli individui, in particolare nella nostra società, si sia allungata di molto e, al contempo, anche la qualità sia migliorata di pari passo. Ma è davvero così per tutti?

Nonostante i fattori di miglioramento oggettivi, la crisi esistenziale  può sopraggiungere se le persone arrivano a dover affrontare questo momento di passaggio non adeguatamente preparati.

Ad esempio se si vanno ad analizzare i risultati e i traguardi conseguiti nella propria vita nell’ottica spietata di dover ottenere resoconti puntuali, distorti però da elementi depressivi o nostalgici, o se si è eccessivamente severi con se stessi, ci troveremo a sperimentare insoddisfazione per ciò che non si è portato a termine, per ciò che avremmo potuto fare, per ciò che ancora non si è riusciti a raggiungere, e così via.

Se poi intervengono motivi di salute invalidanti, o se, come sempre più frequentemente accade, esistono problematiche legate al lavoro quali pensionamenti anticipati e forzati, tagli che immancabilmente contribuiscono a far sentire l’anziano un peso, una zavorra, più lenta rispetto al gruppo delle nuove generazioni che sembrano muoversi ad un’altra velocità…. Tutti questi fattori non giovano all’eventuale idea, auspicabile, di dover rifiorire, al progetto di vivere una nuova età d’oro, liberi da impegni e più saggi e sereni.

In generale chi si avvicina alla terza età, all’età “pensionabile”, se non ha mai riflettuto su ciò che lo attende in modo realistico, sugli inevitabili limiti di salute che il proprio corpo impone, può sperimentare senso di fallimento, di rimpianto, stati d’ansia o preoccupazione rispetto ad alcuni nodi centrali quali:

  • il funzionamento corporeo o della propria sessualità;
  • ansia rispetto al futuro e sul senso del proprio valore aggiunto alla società;
  • ansia sulla propria indipendenza e autonomia.

Questi fattori portano a catena al verificarsi di alcune condizioni possibili, quali:

  • aumento dell’incidenza dei tentati suicidi;
  • tematiche di lutto e solitudine per la perdita di amici e/o familiari;
  • dipendenza da alcol o sostanze psicoattive e psicofarmaci;
  • insonnia o problemi del sonno in generale;
  • sintomatologie depressive per eventuali restrizioni alimentari.

Altre difficoltà possibili sono strettamente connesse al fatto di dover affrontare questo momento di transizione, di passaggio verso un’altra fase della vita abbandonando alcune priorità e prendendo le distanze da determinate tematiche e in cui occorre cercarne di nuove, più stimolanti e pregne di senso.

Far comprendere all’anziano che si può entrare in una fase diversa ma altrettanto densa di significati e piaceri è l’obiettivo da porsi nel momento in cui si ipotizza e programma un percorso di psicoterapia con loro. Tra l’altro molte ricerche stimano che l’anziano tenda a prendere la psicoterapia molto seriamente, poiché arriva ad un elevato livello di consapevolezza, calma e riflessività intorno ad alcune tematiche di importanza centrale.

E’ stato anche osservato che non si perde affatto motivazione ed entusiasmo nell’affrontare una terapia, e che spesso i pazienti più anziani portano con sé l’effetto aggiuntivo di arricchire la terapia con narrazioni intense, vissute in maniera approfondita, e hanno molto da insegnare a loro volta, rendendo il rapporto terapeuta-paziente piacevole e ricco di spunti.

In fondo uno degli obiettivi da tenere in considerazione nel trattamento con l’anziano è proprio il desiderio e la possibilità di questi di trasmettere conoscenza, di sentirsi in tal modo ancora utile alla società, poiché fonte di esperienze di vita vissuta. Si parla sempre di ciò che viene perso, ma se ci focalizzassimo invece su ciò che si guadagna? Vediamo quindi che gli anziani hanno:

  • maggiore consapevolezza e contatto con se stessi;
  • maggior possibilità di tempo libero da utilizzare per coltivare hobby e passioni nuove;
  • modalità più mature di entrare in relazione con un terapeuta;
  • possibilità di dedicarsi a eventuali nipotini;
  • possibilità di analizzare i risultati conseguiti nell’arco di una vita intera, gli obiettivi raggiunti e la possibilità, in base a questi, di elaborarne e idearne di nuovi;
  • libertà dalla gestione dei figli, ormai indipendenti, e nuove possibilità di autonomia e libertà;
  • possibilità di fare esperienze nuove senza freni e timori particolari.

In particolare la psicoterapia può essere un efficace mezzo per restituire qualità e senso alla vita dell’anziano. Apporterebbe tutti i benefici solitamente previsti ad ogni età ma con l’aggiunta della riscoperta di nuove potenzialità, del senso di conforto e compagnia di un confidente d’eccezione, che porti l’attenzione sulle nuove possibilità focalizzandosi su di esse piuttosto che sugli inevitabili limiti e restrizioni.

La persona ormai libera da lavoro e figli può concentrarsi su se stessa e la propria felicità, può compiere esperienze intense ancora non provate prima senza doversi preoccupare eccessivamente per il futuro, può sperimentare situazioni nuove e stimolanti, purché conservi la giusta curiosità e l’atteggiamento positivo verso il futuro.

La vita sessuale inoltre può ancora essere vivace e si può vivere con maggiore serenità, magari con tempi e modalità differenti ma pur sempre appaganti.

Avere qualcuno a cui raccontare le proprie esperienze di vita, mantenendo elevato il piacere della trasmissione all’altro-da-sé di storie e racconti che arricchiscano le vite altrui, che possano essere di insegnamento, trovare contesti giusti in cui ciò è reso possibile, dovrebbe essere il compito principale per la persona che si avvicina ai 60-70 anni, lo scopo da elaborare e preparare con attenzione.

Si deve ipotizzare e immaginare del tempo impiegato per attività culturali, per viaggi, attività di volontariato, o semplicemente di studio e approfondimento di passioni e interessi che durante la vita lavorativa erano stati accantonati per mancanza di tempo. Si deve cercare e coltivare intorno a sé una buona rete di relazioni interessanti e attive, che siano stimolanti ma soprattutto affettuose.

La vita ad ogni età ha in serbo per noi sensi e significati diversi, se ci si attacca morbosamente all’idea che solo da giovani si può essere felici, allora saremo destinati a vivere la terza età pieni di rimpianti e nostalgia, inevitabilmente depressi. Invece ogni fase della vita ha determinate caratteristiche peculiari che vanno scoperte ed assaporate, se pensiamo che la nostra cultura non valorizzi l’anziano, progettiamo le nostre vite facendo in modo di cambiare eventualmente paese. Parliamo però di progetti a lungo termine a cui occorre pensare quando ancora si è più giovani. Sta di fatto che siamo noi stessi i primi a dover valorizzare ciò che possediamo, ciò che abbiamo imparato, e apprendere come trasmetterlo senza porci su un piedistallo, ma sicuri di affascinare ancora l’altro.

Conservare quindi modalità seduttive di raccontarsi e raccontare, perché è sempre l’esempio vivente che viene preso a modello da altri, modalità più concreta di far apprendere. E conservare soprattutto una buona dose di curiosità verso il mondo e verso tutto ciò che ancora non si è imparato e conosciuto, mantenendo la giusta flessibilità nell’imparare e nell’osservare ciò che evolve e cambia.

Questi i principali ingredienti per arrivare più sereni e soddisfatti di sé all’età della saggezza.

Articolo della Dottoressa Federica Giromella

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PERCORSO ABILITATIVO NEUROLOGICO DELL’EMIPLEGICO

Cos’è l’emiplegia

L’emiplegia è una condizione caratterizzata da una paralisi che colpisce uno dei due lati del corpo.

In generale l’emiplegia deriva da un danno al cervello: nell’adulto è spesso conseguenza di un ictus, In Italia l’ictus è la terza (la seconda, stando ad alcune stime) causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie (il 10-12% di tutti i decessi per anno si verifica dopo un ictus) e rappresenta   la principale causa d’invalidità.

L’importanza della riabilitazione

ll processo di riabilitazione aiuta i sopravvissuti all’ictus a recuperare le abilità che si perdono quando una parte del cervello viene danneggiata, per esempio coordinare i movimenti delle gambe per camminare o eseguire i passaggi richiesti allo svolgimento di una qualche attività complessa. Iniziare a riacquistare la capacità di svolgere le attività di base della vita quotidiana rappresenta la prima tappa del ritorno all’indipendenza per un sopravvissuto all’ictus.

Lo scopo della riabilitazione

La riabilitazione neurologica e cognitiva, può inoltre insegnare alle persone con postumi da ictus di ritrovare una condizione di vita dignitosa e di apprendere modi di approcciarsi alle difficoltà, in modo utile sia nel movimento che nei confronti dei bisogni di vita quotidiani “lavarsi, vestirsi con una sola mano”. Per alcuni pazienti la riabilitazione sarà un processo continuo, con l’obiettivo di mantenere ed affinare le competenze, che potrebbe comportare la collaborazione con specialisti fino a mesi o anni dopo l’ictus, senza mai arrendersi. Anche se alcune persone possono recuperare rapidamente, molti pazienti hanno bisogno di assistenza a lungo termine per la riconquista della maggior indipendenza.

ADIURA LIVORNO offre, grazie alla collaborazione di un professionista abilitato alla riabilitazione neurologica, trattamenti per l’emiplegico con proposte di cure domiciliari/ambulatoriali a prezzi agevolati.

 

 

 

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Canone Rai 2020, esenzione anziani anche se la badante è convivente

Canone Rai 2020, l’esenzione anziani è stata estesa anche in caso di convivenza con badante o colf. La novità, introdotta dalla Legge di Bilancio, lascia invariati gli altri requisiti: avere almeno 75 anni e un reddito annuo non superiore a 8.000 euro.

Canone Rai 2020, l’esenzione è possibile anche quando la badante è convivente.

La novità è contenuta nella Legge di Bilancio, e riguarda gli anziani over 75 con reddito non superiore a 8.000 euro annui.

Una buona notizia che va incontro a tanti anziani che convivono con la propria colf, i quali fino allo scorso anno non hanno potuto usufruire dell’esenzione del canone Rai nonostante fossero in possesso dei requisiti di reddito previsti.

Era stata la risposta dell’Agenzia delle Entrate numero 242 del 15 luglio 2019 a fornire specifici chiarimenti a riguardo, a seguito del quesito posto da un’anziana signora che conviveva con la badante.

Ad introdurre l’importante novità e ad estendere la platea dei beneficiari dell’esonero dal canone Rai è l’articolo 355 della Legge di Bilancio

Canone Rai 2020, esenzione anziani anche se la badante è convivente

Tra le novità che la Legge di Bilancio 2020 ha portato con sé c’è anche l’estensione del panorama dei beneficiari dell’esenzione dal canone Rai.

È l’articolo 355 del testo della manovra a contenere la novità:

“A decorrere dall’anno 2020, per i soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 8.000 annui, non conviventi con altri soggetti titolari di un reddito proprio, fatta eccezione per collaboratori domestici, colf e badanti, è abolito il pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni esclusivamente per l’apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza.”

Dal 1° gennaio 2020, quindi, l’esenzione del canone Rai spetta a molti più contribuenti anziani, titolari di redditi bassi, che per motivi di salute convivono con una badante, colf o in genere collaboratori domestici.

Rimangono invariati gli altri requisiti che gli anziani contribuenti devono avere per ottenere l’esenzione del canone Rai, ovvero:

  • aver compiuto 75 anni;
  • avere un reddito proprio e del coniuge che complessivamente non superi gli 8.000 euro.

Per gli over 75 con reddito fino a 8.000 euro è un’ottima notizia, visto che fino ad oggi sono stati esclusi dall’agevolazione se conviventi col proprio collaboratore domestico.

Canone Rai 2020: esenzione anziani estesa. La Legge di Bilancio riscrive le regole

L’esenzione del canone Rai estesa anche in caso di convivenza con la propria badante, la colf o un collaboratore domestico, consente di superare quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta numero 242 del 15 luglio 2019 all’interpello di un’anziana contribuente.

In questa occasione, l’Agenzia delle Entrate escludeva la possibilità di beneficiare dell’esonero ad una contribuente che rispettava tutti i requisiti previsti, ma che conviveva con la badante.

Per motivare l’esclusione, l’Agenzia faceva riferimento alla normativa vigente, citando la circolare numero 46 del 20 settembre 2010, secondo la quale il beneficiario “non deve convivere con altri soggetti diversi dal coniuge”.

L’interpretazione ufficiale, quindi, prevedeva che per godere dell’esonero dal pagamento del canone Rai non bisognasse convivere con altri soggetti, diversi dal coniuge, titolari di un reddito proprio.

L’Agenzia delle Entrate si è attenuta in modo testuale alla legge in vigore, che però, applicata in maniera così letterale, rappresenta sicuramente un ulteriore fattore “a favore” del fenomeno del lavoro nero dei collaboratori domestici.

La Legge di Bilancio 2020 ha riscritto le regole per l’esenzione del canone Rai per i contribuenti over 75, e la novità si inserisce perfettamente sia nel piano di lotta all’evasione del Governo Conte, sia nella volontà di attuare politiche redistributive che agevolino i contribuenti con i redditi più bassi.

Canone Rai 2020, esenzione anziani estesa: come funziona

Da quest’anno quindi anche gli anziani finora esclusi, cioè gli over 75 conviventi con colf o badanti, possono fare domanda per l’esenzione dal pagamento del canone Rai.

Per ottenere l’esenzione si deve presentare una dichiarazione sostitutiva con cui si attesta il possesso dei requisiti.

L’agevolazione, specifica l’Agenzia delle Entrate, compete se uno o più televisori si trovano nell’abitazione di residenza (di conseguenza, l’esenzione non spetta se gli apparecchi televisivi si trovano in un luogo diverso da quello di residenza).

L’esenzione spetta per intero se il richiedente ha compiuto 75 anni entro il 31 gennaio dell’anno stesso.

Invece, se il compimento del 75° anno avviene tra il 1° febbraio e il 31 luglio, l’agevolazione spetta solo per il secondo semestre.

Infine, in caso di abuso, l’articolo 355 della Legge di Bilancio prevede una sanzione amministrativa che va dai 500 ai 2.000 euro per ciascuna annualità evasa, in aggiunta al canone dovuto e agli interessi di mora.

 

 

Fonte Money.it

Badanti “fai da te”. A cosa andiamo incontro.

RISCHI DI VERTENZA PER IL DATORE DI LAVORO 

Il  lavoro domestico viene considerato dalle famiglie come un aiuto e non come un lavoro vero e proprio. Molto spesso il lavoro di badante viene quasi considerato come l’aiuto di una vicina di casa, di un amico, indipendentemente dalla durata del rapporto stesso o dal tipo di mansione svolta. Di solito la badante ci viene segnalata da una vicina di casa o da una famiglia di conoscenti e con il “passaparola”, viene elogiata e raccomandata. In men che non si dica, la famiglia, trovandosi in uno stato di necessità, passa dall’informalità di una stretta di mano a una richiesta di denaro per mancata applicazione di un contratto di lavoro, se non al Tribunale, in men che non si dica. La famiglia, già in una situazione di disagio, si ritrova con un altro problema ancora più grosso: la vertenza da parte della badante. Non importa quando lungo sia stato il rapporto di lavoro, o il rapporto di apparente complicità e “affettivo” con la badante stessa.

Una famiglia che si è rivolta a noi, ci ha raccontato un’esperienza con una badante dai tristi risvolti. Conosciuta grazie ad una amica di famiglia e con delle ottime referenze, entrata in casa era stata accolta come un familiare e nonostante la famiglia voleva metterla in regola con normale contratto di lavoro, lei ha preferito di no, preferiva essere pagata in “nero”.  Il motivo era semplice: preferiva prendere qualche euro in più all’ora lei piuttosto che “versarli allo stato”. Alla famiglia in costo sarebbe stato uguale con un normale contratto, ma pur di mantenere un buon rapporto con la badante ha preferito acconsentire alla sua richiesta. Nessuno dei familiari avrebbe immaginato i risvolti di quella storia. La badante non appena deciso di terminare quel “rapporto di lavoro” ha contestato alla famiglia il mancato pagamento dei riposi, delle ferie e delle festività particolari, chiedendo alla famiglia una cifra esorbitante. Storie come queste ce ne sono a centinaia e purtroppo gli esiti li conosciamo tutti.

LA FAMIGLIA DIVENTA DATORE DI LAVORO 

I contratti di lavoro domestico (Colf, Badanti, babysitter etc..), sono regolati dal CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) e molto spesso alla famiglia manca la consapevolezza dello status di “datore di lavoro”, e nulla a che vedere con il rapporto di fiducia. Sia il lavoratore che il datore di lavoro hanno diritti e doveri da rispettare, e nel caso di mancato rispetto dei regolamenti è molto più semplice intervenire. Cosa diversa invece nel caso in cui il rapporto di lavoro non è regolarizzato da un  normale contratto di lavoro. Ci sono stai casi in cui la badante, a seguito del trasferimento dell’assistito in casa di riposo, ha minacciato la famiglia di non lasciare la dimora dove lavorava, finché non le trovavano un altro lavoro. Per di più pretendevano delle lettere con ottime referenze. Molte famiglie che pensando di risparmiare, si ritrovano dentro a questi situazioni. Pensiamo davvero che non rivolgersi ad una agenzia e non fare un contratto di lavoro sia la strada migliore per risparmiare? Noi pensiamo di no.

IL RAPPORTO AFFETTIVO CON LE BADANTI

Solitamente sia la famiglia dell’assistito che l’assistito stesso (anziano o malato), instaurano un rapporto affettivo con la badante, ma ciò, anche se può sembrare cattivo dirlo, fa abbassare la guardia sulla gestione del rapporto di lavoro (doveri della badanti). Allo stesso modo molto spesso capitata che le famiglie non rispettano la volontà della badante di andarsene in ferie o stare qualche giorno a casa per malattia sopraggiunta (diritti della badante). E’ pure successo che la badante rimasta a casa per una brutta influenza, gli è stato chiesto di scalare quei giorni di malattia dalle ferie. In questo caso la badante pur di non andare a scontrarsi con la famiglia e ancor di più per paura di perdere il lavoro, ha acconsentito. Ecco perchè Noi di Adiura Livorno ci assumiamo la responsabilità per la ricerca della giusta figura e l’intermediazione del rapporto di lavoro qualora nascessero delle controversie. Assumendoci la responsabilità della ricerca, dell’inserimento e la consulenza per tutta la durata del rapporto, garantiamo alle famiglie che si rivolgono a noi, la serenità e la garanzia di un ottimo servizio.

 

Foto di Ulrike Mai da Pixabay

IL “COUNSELING” COS’E’ E CHI LO RICHIEDE

PARLAMI DI TE

Spesso le persone anziane tendono a chiudersi un po’ dentro se stesse, a ridurre molto i rapporti sociali, a parlare poco o niente. “Parlami di te” nasce proprio per dare un supporto anche dal punto di vista emotivo e comunicativo, grazie ad un professionista dell’ascolto e delle relazioni che fa visita alla persona di qualunque età, per accogliere tutti i suoi disagi, le sue preoccupazioni, ma anche i suoi ricordi, nel caso di un anziano e i suoi racconti. Un momento speciale per poter migliorare morale e serenità, per recuperare un po’ di equilibrio e capacità di relazionarsi. Esperienze precedenti hanno dimostrato come l’appuntamento con il nostro professionista venga spesso atteso dall’anziano con impazienza e gioia, come l’arrivo di un buon amico, di un confidente. Accoglienza, empatia ed ascolto attivo sono gli strumenti principali che vengono qui usati per dare sostanza alle parole, per fornire un aiuto concreto e duraturo attraverso un sostegno qualificato di counseling.

CHI E’ IL COUNSELOR

Il counselor è una figura di relazione di aiuto che segue un aggiornamento professionale costante, con un robusto lavoro personale alle spalle ed in continuo divenire. Questo garantisce capacità di accoglienza, empatia, sospensione del giudizio e ascolto attivo come punti di forza che il professionista cura e migliora sempre, attraverso percorsi di formazione e crescita personale. Il lavoro si basa sulla competenza di nozioni ma anche su una qualità umana autentica e fondamentale per il delicato rapporto con l’anziano, bisognoso della massima attenzione, comprensione, pazienza e presa in carico professionale della vita passata di cui è testimone, nonostante una corporeità che si fa sempre più complicata.

I RISULTATI

Parlami di te” è una carezza di parole che riporta serenità e lenisce la solitudine che talvolta l’anziano sente, che rinforza il senso dell’esserci, che riequilibra il mondo interiore, che riqualifica la vita.

Lavoro domestico aggiornamento stipendio minimo

Ancora in attesa dell’adeguamento al tasso di inflazione o di un rinnovo del contratto atteso dal 2016, per le assunzioni di gennaio ecco i minimi tabellari.

Lo stipendio minimo nel lavoro domestico è fissato dal CCNL di categoria. Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro infatti prevede dei minimi tabellari che i datori di lavoro dovrebbero rispettare in sede di assunzione. Il settore domestico però, è ancora piuttosto indietro da questo punto di vita, perché è vasto il problema del lavoro nero o delle assunzioni non in perfetta regola. In altre parole, capita spesso che nel settore domestico le lavoratrici ed i lavoratori non vengano regolarizzati o vengano messi in regola con stratagemmi e furberie atte a far spendere il meno possibile al datore di lavoro. A maggior ragione adesso che il settore è in attesa di un rinnovo del contratto collettivo, fermo al 2016.

Contratto scaduto e da rinnovare

Le associazioni dei datori di lavoro e i sindacati in rappresentanza dei lavoratori, devono ancora sedersi al tavolo della trattativa per rinnovare un CCNL che risulta ancora privo di determinati argomenti che nel settore domestico sono piuttosto rilevanti. Fatto sta, che in attesa del rinnovo del contratto, lo stipendio minimo tabellare, quello previsto dal CCNL è il medesimo dello scorso anno. Resta probabile che anche senza intesa sul rinnovo, presto associazioni datoriali e sindacati, si incontreranno al Ministero del lavoro per ripetere quella che è diventata prassi da 3 anni a questa parte, cioè la riunione che adegua gli stipendi al tasso di inflazione senza però approfondire il lavoro per dotare il sistema di un nuovo CCNL. Quale è lo stipendio minimo per una badante? quale è invece la paga spettante ad una colf? Vediamo nel dettaglio le cifre di stipendio minimo previste dal Contratto Collettivo, in attesa di novità.

Stipendio minimo dei lavoratori, le cifre

Ricapitolando, in attesa del nuovo accordo sul CCNL lavoro domestico e in attesa del consueto aggiornamento dei minimi stipendiali, il datore di lavoro è tenuto a seguire gli importi minimi di stipendio stabiliti dalle tabelle previste nel documento collettivo.Assumere un lavoratore oggi obbliga il datore di lavoro a prevedere stipendio minimo in base alle tabelle retributive A, B, C, D, E, F e G. Nel CCNL inoltre, viene imposto al datore di lavoro di provvedere ad erogare anche un importo prestabilito di vitto e alloggio. In linea generale, ecco i numeri relativi agli stipendi minimi tabella per tabella.

Tabella A, Lavoratori conviventi:

  • Livello A € 636,20
  • Livello AS € 751,88
  • Livello B € 809,71
  • Livello BS € 867,55
  • Livello C € 925,40
  • Livello CS € 983,22
  • Livello D € 1.156,72
  • Livello DS € 1.214,56

Tabella B: Lavoratori conviventi part time fino a 30 ore di lavoro

  • Livello B€ 578,37
  • Livello BS € 607,29
  • Livello C € 670,89

Tabella C: Lavoratori non conviventi, paga oraria

  • Livello A € 4,62
  • Livello AS € 5,45
  • Livello B € 5,78
  • Livello BS € 6,13
  • Livello C € 6,47
  • Livello CS € 6,82
  • Livello D € 7,87
  • Livello DS € 8,21

Tabella D: lavoratori impegnati nella assistenza notturna

  • Livello BS € 997,67
  • Livello CS € 1.130,70
  • Livello DS € 1.396,77

Tabella E: Lavoratori che garantiscono la presenza notturna mensile

  • Livello unico € 668,01

Tabella F: vitto e alloggio

  • Pranzo € 1,96
  • Cena € 1,96
  • Alloggio € 1,69

Tabella G: Lavoratori che sostituiscono i titolari di contratto nei giorni di riposso di questi ultimi, paga oraria

  • Livello CS € 7,34
  • Livello DS € 8,85

fonte: ultima ora news